domenica 21 dicembre 2014

BUON NATALE E FELICE 2015


La Redazione del Blog Infocasa, nel ringraziare tutti i suoi lettori, grazie ai quali ha raggiunto e superato le 300.000 visualizzazioni da quando è nato, augura a tutti di trascorrere un sereno Natale, con la speranza che il 2015 porti con sé felicità in famiglia e gratificazioni nel lavoro.
La Redazione




NEWS: INTERESSI LEGALI ALLO 0,5% DAL 2015




NEWS: INTERESSI LEGALI ALLO 0,5% DAL 1° GENNAIO 2015

In data 11 dicembre 2014 il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha emanato un Decreto , pubblicato sulla G.U. n. 290 del 15/12/2014, di modifica del saggio di interesse legale.
Sulla base di questo provvedimento, dall'01/01/2015 il nuovo tasso di interesse legale sarà pari allo 0,5%.
Il Decreto del MEF ha così ulteriormente ridotto la precedente percentuale del tasso, rimasta in vigore per tutto il 2014 e corrispondente all'1%.




ARTICOLO CORRELATO


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venerdì 19 dicembre 2014

LA PRELAZIONE DEL COLTIVATORE DIRETTO IN CASO DI VENDITA




LA PRELAZIONE DEL COLTIVATORE DIRETTO CONFINANTE

In caso di vendita di terreni agricoli, il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati 
  • il nome dell'acquirente
  • il prezzo di vendita
  • le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione.
Il coltivatore può esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni .
Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Il primo presupposto perché sussista la prelazione del confinante, è che il terreno da vendere non sia occupato da un coltivatore diretto in forza di valido titolo (locazione, mezzadria, etc.), perché in tal caso l'invito esercitare la prelazione deve essere comunicato solo al coltivatore diretto del fondo da vendere (il confinante non ha diritto di prelazione neppure se il coltivatore diretto del fondo in vendita rinunci ad esercitarla).
Gli altri requisiti affinché esista la prelazione del confinante possono così essere sintetizzati:
  1. il confinante deve essere proprietario di un fondo confinante con quello oggetto di vendita;
  2. il confinante deve essere coltivatore diretto;
  3. il terreno oggetto di coltivazione deve essere quello confinante, non essendo sufficiente che la coltivazione venga esercitata altrove;
  4. il terreno confinante deve avere una propria autonomia colturale;
  5. il confinante deve coltivare detto fondo contiguo da almeno un biennio;
  6. il confinante non deve aver venduto fondi da almeno un biennio.

 Per quanto riguarda l'aspetto specifico della forma della comunicazione (definita spesso in giurisprudenza e dottrina denuntiatio) dell'invito a esercitare la prelazione, per risolvere in particolare il dubbio se la forma richiesta dalla legge debba essere rispettata alla lettera a pena di nullità, oppure se possono essere considerate valide forme di comunicazione equipollenti, esistono in giurisprudenza due distinti filoni interpretativi, entrambi richiamati in motivazione in sentenza Cass. civ., Sez. III, 20/04/2007, n. 9519.

·        Con il primo, a partire dalla sentenza Cass. 8/07/1991, n. 7527, si è sostenuto che, dovendosi seguire i principi affermati dalle S.U. in tema di prelazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso dall'abitazione (L. n. 392 del 1978, art. 38) ed in applicazione del principio generale della libertà delle forme per la comunicazione degli atti giuridici e delle manifestazioni delle volontà negoziali, ove una determinata forma non sia prevista dalla legge a pena di nullità o ad substantiam, la comunicazione ai fini della prelazione di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, ed alla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 8, al coltivatore o al confinante, della proposta di alienazione del fondo a terzi, non essendo stata prevista da tale normativa a pena di nullità, può essere validamente effettuata dal proprietario alienante (con le indicazioni richieste) in qualsiasi modo equipollente ed anche verbalmente, non ostandovi il disposto dell'art. 1350 c.c., atteso che tale comunicazione non ha valore di proposta contrattuale, sempreché di siffatta conoscenza della proposta da parte del coltivatore vi sia prova certa orale o documentale (conformi Cass., n. 7250/1992; Cass., 9 ottobre 1998 n. 10020; Cass., 29 maggio 1998 n. 5306; Cass., 9 febbraio 2000 n. 1443; Cass., 14 aprile 2000 n. 4858; Cass., 17/01/2001, n.577; Cass., 19/05/2003, n.7768).

·     Con il secondo indirizzo, in linea con una giurisprudenza risalente agli anni ‘80 del 900, a cui aveva già aderito la Cassazione con una pronuncia isolata (Cass., 30/11/2005, n. 26079), fatto suo dalla già citata sentenza Cass. civ. 20/04/2007, n. 9519, si ritiene necessaria a pena di nullità la forma scritta della comunicazione per la validità dell'atto; considerandosi la denuntiatio non solo come atto negoziale ma anche come uno dei due elementi (l'altro è l’accettazione, che integra l'esercizio positivo del diritto di prelazione) di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, cioè il fondo, si trae la conseguenza che tale comunicazione deve necessariamente rivestire, in applicazione dell'art. 1350 c.c., la forma scritta ad substantiam (la cui mancanza è sanzionata con la nullità) con inevitabili riflessi sul piano probatorio, non essendo, in applicazione di tale principio, consentita la prova testimoniale, ex art. 2725 c.c. 6.1. La riconduzione della denuntiatio alla forma scritta, d'altronde, assolve, come sottolinea la Corte in tale sentenza, ad esigenze di tutela e di certezza, nel senso che rende certa l'effettiva esistenza di un terzo acquirente, evitando che la prelazione possa essere utilizzata per fini speculativi in danno del titolare del diritto; assicura, a sua volta, al terzo acquirente, in caso di mancato esercizio della prelazione nello spatium deliberandi a disposizione del coltivatore, la certezza della compravendita stipulata con il proprietario, sottraendo l'acquirente al pericolo di essere assoggettato al retratto esercitato dal coltivatore pretermesso; garantisce infine il coltivatore in ordine alla sussistenza di condizioni della vendita più favorevoli stabilite dal proprietario promettente venditore e dal terzo promissario acquirente.

Pari oscillazione giurisprudenziale si trova anche nella giurisprudenza di merito e, quindi, dei Tribunali e delle Corti d'Appello. Si va, anche recentemente, da interpretazioni "aperte", per cui la comunicazione può avere qualsiasi forma, anche quella verbale (App. Roma, Sez. IV, 21/09/2011) ad altre assolutamente rigorose, che ritengono necessario, a pena di nullità, rispettare alla lettera il dettato della L. n. 590 del 1965 e, quindi, comunicazione con lettera raccomandata avente in allegato il contratto preliminare di vendita concluso con il terzo (Trib. Arezzo, 09/01/2013).

A conclusione, appare prudente e ragionevole, per gli operatori ed i professionisti, consigliare ai clienti di seguire la forma rigorosa, per evitare qualsivoglia rischio di contenzioso.

Una accortezza di carattere pratico, non priva di significato e di utilità, può essere anche quella di spedire lettera raccomandata in forma di plico pinzato, anziché imbustare lo scritto, in modo che i timbri del servizio postale vadano direttamente sulle pagine del testo. Ciò permette di scongiurare sin dal principio la possibilità di una capziosa e strumentale (in ogni caso sempre spiacevole) eccezione del destinatario del tipo "… non mi è stato comunicato nulla, ho ricevuto una busta vuota - oppure - contenente solo fogli bianchi”).


Avv. Giuseppe Baravaglio - Consulente legale FIMAA Torino


L'approfondimento tecnico del geom. Stefano Villani
Consigliere del Collegio dei Geometri di Torino e Provincia
MASSIMARIO DELLE SENTENZE

In materia di prelazione agraria, la denuntiatio di cui alla L. n. 590 del 1965, deve essere effettuata con lettera raccomandata cui deve essere, necessariamente, allegato il contratto preliminare di vendita concluso con il terzo. Non sono ammesse forme di comunicazioni equipollenti, tanto che, laddove dovessero essere effettuate, si configurerebbe una nullità insanabile.
Trib. Arezzo, 09/01/2013

Il diritto di prelazione e riscatto del coltivatore diretto, proprietario del terreno confinante, previsto dall'art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta, in generale, nel solo caso di fondi confinanti in senso giuridicamente proprio, cioè allorquando essi siano caratterizzati da contiguità fisica e materiale, per contatto reciproco lungo una linea comune di demarcazione. (Nell'enunciare l'anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in base a congrua e corretta motivazione, aveva negato la sussistenza delle condizioni per esercitare il diritto di riscatto, in quanto i fondi oggetto di controversia erano separati da una stradella sul confine, ancorché non di uso pubblico). (Rigetta, App. Lecce, sez. dist. di Taranto, 18/02/2009)
Cass. civ., Sez. III, 27/09/2011, n. 19747



In tema di prelazione agraria, la norma che prevede le formalità della comunicazione, pur perseguendo finalità di interesse sociale (creazione di imprese coltivatrici moderne ed efficienti con conseguente incremento della produttività agricola), ha carattere dispositivo e non cogente e inderogabile, sicché è rimessa all'iniziativa delle parti l'adozione di forme alternative di comunicazione, purché idonee a consentire la piena conoscenza della proposta in funzione dell'esercizio della prelazione. E nell'ambito del principio generale di libertà delle forme è sufficiente anche la forma verbale, non derivando alcun ostacolo dalla disposizione di cui all'art. 1351 c.c., che per i contratti preliminari aventi forma scritta richiede "ad substantiam" la medesima forma, poiché la comunicazione non ha natura di proposta contrattuale.
App. Roma, Sez. IV, 21/09/2011

L'onere probatorio imposto al confinante che intenda esercitare il diritto di prelazione agraria, riguardo al fatto di coltivare direttamente e personalmente, in modo abituale, il fondo adiacente a quello posto in vendita è talmente pregnante da non poter essere assolto mediante la produzione di certificazione rilasciata a fini prevalentemente assistenziali, dalla quale è possibile trarre solo dati empirici e formali, al più idonea a fornire elementi indiziari inutilizzabili in assenza di altre esigenze probatorie. Al contrario, la prova deve essere fornita in concreto in relazione alle esigenze colturali del fondo.
App. Roma, Sez. IV, 13/07/2011

Alla luce di un'interpretazione evolutiva del sistema - che tenga conto dei successivi e più recenti interventi legislativi, i quali in modo non equivoco tendono ad equiparare l'attività di coltivatore diretto a quella di chi eserciti la silvicoltura - il diritto di prelazione e riscatto agrario di cui all'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, esteso dall'art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 al coltivatore diretto proprietario di terreno confinante, deve essere riconosciuto anche al silvicoltore che eserciti, in via esclusiva o principale, tale attività, con il solo limite - in riferimento alla prelazione del confinante - che i terreni da vendere e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi. (Principio enunciato in una fattispecie alla quale era applicabile, "ratione temporis", il testo dell'art. 2135 cod. civ. nella versione antecedente la sostituzione operata dall'art. 1 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228). (Cassa con rinvio, App. Genova, 04/03/2005)
Cass. civ., Sez. Unite, 14/04/2011, n. 8486

In tema di disciplina dei rapporti agrari, il diritto di prelazione non spetta a chi sia proprietario di una casa di civile abitazione con annessi aia, stalla e piccolo orto confinante col fondo oggetto di compravendita, trattandosi di immobile inidoneo a configurare un "terreno coltivato", caratteristica quest'ultima a cui la legge subordina il sorgere, a favore del confinante, del predetto diritto. (Rigetta, App. Torino, 27/10/2008)
Cass. civ., Sez. III, 11/02/2011, n. 3455

In materia di contratti agrari, per la comunicazione ("notifica") al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui alla L. n. 590/1965, art. 8 e alla L. n. 817/1971, art. 7, da parte del proprietario venditore, è richiesta la forma scritta "ad substantiam", non essendo idonea allo scopo l'effettuazione della stessa verbalmente.
Cass. civ., Sez. III, 25/01/2011, n. 1731

In tema di riscatto agrario da parte del confinante, qualora in sede di vendita di fondo rustico l'alienante si riservi la proprietà di una striscia di terreno tale da interrompere la contiguità e continuità fisica tra i due fondi, ne deriva una condizione obiettiva di non confinanza sufficiente ad escludere il diritto di prelazione, a meno che la riserva sia stata fatta senza nessuna utilità economica, all'unico scopo di vanificare, sopprimendo il requisito della confinanza, il diritto di prelazione del confinante. L'accertamento della sussistenza di apprezzabili ragioni giustificative della suddetta riserva in relazione alle esigenze di coltivazione del fondo rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. (Rigetta, App. Brescia, 06/09/2005)
Cass. civ., Sez. III, 13/12/2010, n. 25135

In materia di contratti agrari, la comunicazione ("notifica") al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui all'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e all'art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, da parte del proprietario venditore, richiede la forma scritta "ad substantiam", dovendo per legge avvenire attraverso la notifica con lettera raccomandata. La "denuntiatio", infatti, non è solo un atto a contenuto negoziale, ma una vera e propria proposta contrattuale idonea a dare corpo, con l'accettazione da parte del destinatario, alla conclusione del contratto; ne consegue che anche la procura finalizzata al compimento di tale "denuntiatio" richiede, ai sensi dell'art. 1392 cod. civ., la medesima forma scritta "ad substantiam". (Rigetta, App. Brescia, 17/05/2005)
Cass. civ., Sez. III, 31/05/2010, n. 13211

Ai fini dell'esercizio della prelazione agraria da parte del proprietario confinante, ai sensi dell'art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, è necessario non solo che egli rivesta la qualifica di coltivatore diretto, ma anche che coltivi direttamente il fondo adiacente a quello posto in vendita, non essendo sufficiente che egli eserciti altrove l'attività di agricoltore; ciò in quanto l'intento perseguito dal legislatore è l'ampliamento dell'impresa coltivatrice diretta finitima e non l'acquisto della proprietà della terra da parte di qualsiasi coltivatore diretto. Ai fini della prova, peraltro, la qualità di agricoltore non può desumersi da elementi formali quali gli elenchi redatti dal Servizio contributi agricoli unificati (SCAU), atteso che detta certificazione, rilasciata a fini essenzialmente assistenziali, è idonea soltanto a fornire elementi indiziari. (Rigetta, App. Sassari, 01/03/2005)
Cass. civ., Sez. III, 27/01/2010, n. 1712

In tema di prelazione agraria, l'esercizio del relativo diritto non incide sulla volontà del proprietario di alienare il proprio fondo né sulla formazione del relativo prezzo, ma individua solo il soggetto che ha diritto ad acquistarlo. Ne consegue che ove il proprietario di più fondi agricoli, tutti funzionali all'esercizio di un'azienda agricola unitaria, decida di alienarli congiuntamente, il proprietario coltivatore diretto, confinante con alcuni soltanto dei fondi messi in vendita, non può esercitare su essi alcun diritto di prelazione parziale, ove ciò ostacoli la cessione dell'intero compendio, ovvero determini che la cessione stessa avvenga ad un prezzo globale inferiore a quello pattuito tra il cedente ed il terzo. (Rigetta, App. Roma, 27/05/2004)
Cass. civ., Sez. III, 10/11/2009, n. 23745

In tema di prelazione agraria, assolve all'onere della "denuntiatio" di cui all'art. 8 della legge n. 590 del 1965 la comunicazione della proposta di vendita effettuata a mezzo raccomandata con allegato il contratto definitivo di compravendita stipulato in forma pubblica la cui efficacia sia stata sospensivamente condizionata al mancato esercizio della prelazione, poichè, in tal caso, risulta comunque realizzata la finalità di porre il destinatario nella condizione di decidere sull'opportunità di esercitare la prelazione, fornendo la suddetta comunicazione i dati necessari integranti una proposta di alienazione. (Cassa con rinvio, App. Ancona, 21/06/2004)
Cass. civ., Sez. III, 20/01/2009, n. 1348

Per il disposto dell'art. 7 legge 14 agosto 1971 n. 817, al proprietario di un fondo agrario confinante con altro offerto in vendita compete il diritto di prelazione ovvero il succedaneo diritto di riscatto, se ricorrono nei suoi confronti tutte le condizioni previste dall'art. 8 legge 26 maggio 1965 n. 590, cui il citato art. 7 rinvia e, quindi, anche la coltivazione biennale dei terreni agricoli confinanti di sua proprietà, senza che assuma rilevanza, al fine di escludere questo elemento, l'uso nella norma del termine "terreno" in luogo del termine "fondo". 
Cass. civ., Sez. III, 16/06/2005, n. 12963

Una mera attività di taglio dell'erba che spontaneamente cresce su un fondo non integra attività di coltivazione del fondo stesso (in quanto non implica alcuna pur minima attività volta a stimolare la produttività del fondo, circostanza questa indispensabile perché si abbia coltivazione ). Deriva da quanto precede, pertanto, che non compete il diritto di prelazione (e di riscatto) al coltivatore diretto proprietario di un fondo confinante con quello in vendita, ove lo stesso si limiti, ogni anno, a falciare, sul terreno confinante a quello in vendita, l'erba che su questo cresce spontaneamente. 
Cass. civ., Sez. III, 16/03/2005, n. 5682

La mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente costituisce, a norma dell'art. 8, 1° comma, L. n. 590 del 1965, condizione per l'insorgenza del diritto di prelazione in capo al coltivatore diretto proprietario del fondo confinante, ne consegue che la prova della sussistenza della condizione spetta a chi esercita il relativo diritto, tuttavia, trattandosi di provare un fatto negativo, l'onere relativo diviene attuale e concreto solo in quanto all'affermazione positiva di quel fatto faccia seguito una posizione della controparte di diniego del fatto stesso, sia pure sul piano meramente assertivo (in applicazione di tale principio di diritto la suprema corte ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva rigettato la domanda di riscatto del fondo rustico dell'attore, proprietario del fondo confinante, rilevando d'ufficio che questi non aveva fornito la prova del requisito consistente nel non aver effettuato vendite di fondi rustici nel biennio precedente). 
Cass. civ., Sez. III, 28/05/2003, n. 8501

In applicazione del principio generale della libertà delle forme per la comunicazione degli atti giuridici e della manifestazione delle volontà negoziali, ove una determinata forma non sia prevista dalla legge "ad substantiam", la comunicazione ai fini della prelazione di cui all'art. 8 l. n. 590 del 1965 ed art. 8 l. n. 817 del 1971, al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo a terzi, non essendo stata prevista da tale normativa a pena di nullità, può essere validamente effettuata dal proprietario - alienante con le indicazioni richieste, anche verbalmente, non ostandovi il disposto dell'art. 1351 c.c. atteso che tale comunicazione non ha valore di proposta contrattuale sempre che di siffatta conoscenza della proposta da parte del coltivatore vi sia prova certa, orale o documentale. Il diritto di prelazione agraria, pertanto, diviene attuale e concreto nel momento in cui il proprietario comunica ai soggetti interessati la sua volontà di alienare il fondo a titolo oneroso, e dalla data di tale comunicazione, anche verbale, decorre il termine di 30 giorni entro il quale deve essere esercitato il diritto di prelazione o il soggetto preferito può rinunciare espressamente alla prelazione.

Cass. civ., Sez. III, 17/01/2001, n. 577



LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L. 26 maggio 1965, n. 590

"Articolo 8 
In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno quattro anni (due anni, dopo la modifica di legge intercorsa  - n.d.r. -), non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.
La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.
Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempreché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.
Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni .
Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.
Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente, di aver presentato domanda ammessa all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'art. 1, il termine di cui al precedente comma è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'Ispettorato non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli adempimenti di cui all'art. 3, secondo le norme che saranno stabilite dal regolamento di esecuzione della presente legge.
In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito.
Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, mezzadri o coloni, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, mezzadri o coloni purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al quarto comma non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione.
Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempreché l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle vigenti leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici.
L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal precedente comma è demandato allo Ispettorato agrario provinciale competente per territorio.
Ai soggetti di cui al primo comma sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore."


L. 14 agosto 1971, n. 817

7. Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l'esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.
Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:
1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;
2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.
Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi.



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venerdì 28 novembre 2014

NEWS: FONDO DI GARANZIA PER L'ACQUISTO DELLA PRIMA CASA







NEWS: ISTITUITO IL FONDO DI GARANZIA PER LA PRIMA CASA


L’art 1 comma 48 della Legge n. 147/2013 ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il "Fondo di garanzia" per l'acquisto della prima casa e tale Fondo è stato regolamentato con Decreto Interministeriale del 31/07/2014 . Sul sito del Ministero, Dipartimento del Tesoro, è oggi possibile scaricare il modulo da compilare per richiedere la garanzia. 
Il Fondo, con una dotazione pari ad un totale di 600 milioni di euro spalmati su tre anni (2014, 2015, 2016), serve per garantire l'accensione di mutui ipotecari per l'acquisto, la ristrutturazione o l'accrescimento di efficienza energetica, di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale.
Per accedere al finanziamento, i soggetti devono recarsi presso le filiali delle banche che aderiscono all'iniziativa e compilare il modello di domanda che sarà poi inoltrato telematicamente al Consap, gestore del progetto. 
Le richieste potranno essere presentate da fine dicembre 2014 e comunque solo dopo che la banca aderente avrà assicurato l'operatività dell’iniziativa a favore della propria clientela.
La garanzia sarà concessa nella misura massima del 50% della quota capitale per un mutuo non superiore a 250.000 euro e con un tasso calmierato (tasso effettivo globale - teg - non superiore al tasso effettivo globale medio - tegm -, pubblicato trimestralmente dal MEF).
La priorità all'accesso al credito sarà riservata alle seguenti categorie:

  • coppie in cui almeno uno dei due coniugi non abbia superato i 35 anni
  • genitori single con figli minori
  • precari con meno di trentacinque anni d'età
  • inquilini di alloggi sociali
I mutui dovranno essere destinati all'acquisto di immobili privi delle caratteristiche di lusso di cui al Decreto n. 1072/1969 e non rientranti nelle categorie catastali A1, A8, e A9.
Infine, alla data di presentazione della domanda di mutuo, il richiedente non dovrà essere proprietario di altri immobili ad uso abitativo salvo quelli acquistati per successione e in uso a titolo gratuito a genitori o fratelli.












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venerdì 21 novembre 2014

ACQUISTO PRIMA CASA E REVOCATORIA FALLIMENTARE


LA REVOCATORIA FALLIMENTARE E LA TUTELA DELLA PRIMA CASA

In caso di compravendita di un'abitazione, soggetta all'imposta di registro, le tasse che deve versare l'acquirente sono commisurate al valore catastale dell’immobile e corrispondono al 2% della rendita catastale rivalutata del 115,5% per la prima casa e al 9% della rendita catastale rivalutata del 126% per le seconde case; in caso di acquisto soggetto ad IVA (per esempio da un costruttore) l’imposta è pari al 4% dell’importo versato per la prima casa mentre ammonta al 10%, sempre calcolato sul prezzo versato, per le seconde case.
In entrambi i casi corre l’obbligo per le parti di dichiarare in atto l'esatto importo corrisposto al venditore: per la vendita soggetta all’imposta di registro, in forza della cosiddetta norma del prezzo-valore, introdotta dall’art. 1 comma 497 della Legge n. 266/2005 (Legge Finanziaria 2006), per la cessione soggetta ad IVA, in base alla normativa che regola questa imposta, in quanto il percepito costituisce l’imponibile per il venditore. Tale obbligo, oltre a rispondere, come abbiamo visto, a precise disposizioni di legge, assume una sua rilevanza sul piano giuridico sia nel caso di controversie sorte tra le parti a seguito della compravendita sia, soprattutto, nell'ipotesi in cui si configuri una possibile azione di revocatoria fallimentare.
La revocatoria può rappresentare un rischio concreto per l’acquirente, che dovrà valutare attentamente l’opportunità di acquistare un bene da un imprenditore, soggetto fallibile (non necessariamente il costruttore), che si trovi in una situazione finanziaria delicata.
Infatti, se l’acquirente dovesse essere costretto a restituire la casa al curatore fallimentare, avrebbe ben poche possibilità di farsi rimborsare per intero ciò che aveva pagato per comprarla.
Tuttavia, gli atti con i quali il fallito ha venduto in precedenza beni di sua proprietà al prezzo di mercato possono essere revocati solo se effettuati nei sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento e sarà compito ed obbligo del curatore fallimentare dover dimostrare che l'acquirente era a conoscenza dello stato di insolvenza del venditore, ormai incapace di fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni (art. 67 comma 4 Legge Fallimentare).
Se però la vendita è avvenuta a un prezzo ridotto, cioè quando il prezzo pagato è inferiore di oltre un quarto rispetto al valore di mercato del bene venduto, questa può essere revocata solo se effettuata nell'anno anteriore alla sentenza di fallimento (art. 67 comma 1 Legge Fallimentare).
A differenza del primo caso, in presenza di questa sproporzione (valore del bene superiore di un quarto rispetto al prezzo pagato), la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente è sempre presunta, per cui chi acquista a basso prezzo non può mai dire di non avere conosciuto la situazione economica precaria del venditore.
La riduzione dei termini per la revocatoria fallimentare ha ridotto il rischio per l'acquirente che acquista un bene da un imprenditore che si trova in difficoltà finanziarie. Dichiarando il giusto prezzo, si possono avere problemi solo se il fallimento viene dichiarato nei sei mesi successivi e solo se il curatore prova l'effettiva malafede dell’acquirente
Con le modifiche intercorse, il legislatore ha però voluto azzerare completamente il rischio per chi acquista la prima casa. Oggi non è soggetta all'azione revocatoria la vendita al "giusto prezzo" di un immobile destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente, o di suoi parenti e affini entro il terzo grado (art. 67 comma 4 paragrafo c) della Legge Fallimentare). Sempre per la stessa norma, questa tutela si estende anche al contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis del codice civile, purché gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della dichiarazione di fallimento.
Per queste ragioni, già nel preliminare che si intende trascrivere è buona norma, per evitare equivoci o contestazioni, precisare che è intenzione procedere all'acquisto per destinare l'immobile a prima casa.
La recente legge "Sblocca Italia" (D.L. n. 133/2014 conv. in L. n. 164/14) ha poi esteso tali benefici, per il caso del fallimento del concedente, ai contratti cd. rent to buy debitamente trascritti.
E’ presumibile che la legge consideri abitazione principale quell’immobile in cui l’acquirente/contribuente dimora abitualmente con la sua famiglia e vi ha pertanto posto la sua residenza. Appare perciò opportuno, per l’acquirente, trasferire la propria residenza nel più breve tempo possibile presso l’immobile comprato, obbligo a cui è comunque soggetto, nei 18 mesi successivi all'acquisto, il compratore che si sia avvalso nella compravendita del beneficio fiscale "prima casa".
Resta comunque ferma la raccomandazione, dato che la normativa parla di "giusto prezzo", (valore di mercato) di non dichiarare nell'atto notarile, per alcun motivo, un prezzo inferiore a quello pagato.






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martedì 18 novembre 2014

RIFORMA DEL CATASTO: AL VIA LE COMMISSIONI CENSUARIE


AL VIA LA RIFORMA DEL CATASTO
CON L'ISTITUZIONE DELLE COMMISSIONI CENSUARIE


Su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze il Consiglio dei Ministri n. 37 del 10 novembre 2014  ha approvato in via definitiva il decreto legislativo sull’istituzione  delle nuove Commissioni censuarie, in attuazione dell’articolo 2, comma 3, lettera a) della legge 11 marzo 2014 n. 23 (Legge delega per la riforma fiscale). 
Le nuove Commissioni censuarie locali saranno 106 e sono elencate nell'Allegato al D. Lgs.; ad esse si andrà ad aggiungere la Commissione censuaria centrale di Roma con funzione di supervisione. 
Le Commissioni censuarie locali dovranno insediarsi entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo, ed a loro spetterà il compito, tra l’altro, di validare le funzioni statistiche determinate dall’Agenzia delle Entrate; tali funzioni, alla base della revisione del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, dovranno esprimere la relazione tra:
  • il valore di mercato;
  • la localizzazione;
  • le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale.
La Commissione censuaria centrale deciderà sui ricorsi dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni avverso le decisioni delle Commissioni censuarie locali in materia di:
  • qualità, classi e tariffe d’estimo dei terreni;
  • categorie, classi e tariffe d’estimo dei fabbricati. 
Sia le Commissioni censuarie locali che quella centrale saranno articolate in tre sezioni:
  • una competente in materia di catasto dei terreni;
  • una competente in materia di catasto urbano; 
  • una specializzata in materia di revisione del sistema estimativo del catasto dei fabbricati
La nomina dei componenti delle Commissioni censuarie locali, 6 effettivi e 6 supplenti, spetta al Presidente del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede la Commissione, sulla base di designazioni fatte pervenire da:
  • Agenzia delle Entrate;
  • Anci;
  • Prefetto. 
In particolare, le designazioni dei membri ad opera dei Prefetti avverranno tra i nominativi comunicati dalle associazioni di categoria e dagli ordini professionali.
Il decreto legislativo fissa anche le incompatibilità per i componenti delle Commissioni censuarie; non potranno essere componenti delle Commissioni:
  1. i membri del governo e delle giunte regionali e comunali;
  2. i parlamentari;
  3. soggetti che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei movimenti politici;
  4. i prefetti. 
I presidenti e i componenti delle Commissioni censuarie dureranno in carica 5 anni, non rinnovabili, e il loro operato dovrà essere ispirato ai principi di terzietà, imparzialità e neutralità.
L'obiettivo della riforma sarà quello di censire oltre 62 milioni di immobili presenti sul territorio nazionale per attualizzare le vigenti classificazioni catastali.
Lo scopo è quello di riparametrare le tariffe, a parità di gettito d'imposta, in modo tale da eliminare le sperequazioni tra il valore di mercato di un immobile e la sua rendita catastale, sulla quale si basa l'imposizione fiscale.
I tempi ipotizzati per portare a compimento la riforma variano da un minimo di circa 3 anni ad un massimo di circa 5 anni.
La rendita catastale verrà definita a partire dai redditi da locazione medi (fonte OMI), tenendo conto della localizzazione e delle caratteristiche edilizie dei beni per destinazione catastale e ambito territoriale. Il valore così ottenuto verrà moltiplicato per la superficie dell'immobile (non più espressa in vani ma in metri quadrati) e a questa cifra verranno poi applicate le riduzioni legate alle spese sostenute per la manutenzione straordinaria, l'assicurazione e i costi di amministrazione.

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