giovedì 18 novembre 2021

UNDER 36, CHIARIMENTI SUL REQUISITO DELL'ETA'



 I CHIARIMENTI DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE PER GLI UNDER 36


La Circolare n. 12/E/2021 del 14 ottobre ultimo scorso dell'Agenzia delle Entrate ha voluto fare chiarezza su diversi dubbi interpretativi legati all'art. 64, commi da 6 a 10 del cosiddetto Decreto Sostegni bis convertito con modificazioni dalla Legge n. 106 del 23/07/2021.

In particolare, è stata confermata la lettura restrittiva secondo la quale un under 36, ai fini dei benefici fiscali previsti, è colui che compirà il trentaseiesimo compleanno l'anno solare successivo a quello nel quale l'atto pubblico è stato sipulato.

Quindi, nel caso di un rogito notarile sottoscritto a novembre 2021 da un under 36 che compirà gli anni a dicembre 2021, le agevolazioni non potranno essere applicate in quanto, per poterle utilizzare, l'acquirente dovrebbe compiere i 36 anni nel 2022.







lunedì 4 ottobre 2021

PRELIMINARE UNDER 36 CON PAGAMENTO IMPOSTE E POI RIMBORSO

 



PRIMA CASA UNDER 36: IMPOSTE PRELIMINARE DOVUTE


Con la risposta all'interpello n. 650 del 01/10/2021 l'Agenzia delle Entrate si è espressa sul tema delle agevolazioni fiscali riservate agli under 36 per l'acquisto della Prima casa, in particolare sulle imposte dovute per la registrazione del contratto preliminare.

L'Agenzia delle Entrate ha stabilito che, in presenza dell'agevolazione per gli acquisti immobiliari dei contribuenti under 36 la quale azzera le impose dovute per la compravendita e il mutuo, le imposte applicabili al contratto preliminare devono essere comunque versate.

In particolare, si è fatto riferimento all'imposta di registro in misura fissa, all'imposta proporzionale dello 0,50% sulle caparre e del 3% sugli acconti, oltre alle marche da bollo.

L'Agenzia delle Entrate ha però concluso affermando che le imposte proporzionali versate, quindi quelle riguardanti le caparre e gli acconti, una volta stipulato l'atto definitivo potranno essere oggetto di richiesta di rimborso.

Tale decisione è stata motivata sostenendo la natura non traslativa del preliminare, ragione per cui le imposte fisse non potranno nemmeno essere rimborsate.







mercoledì 4 agosto 2021

RICONTRATTAZIONE CANONI COMMERCIALI CAUSA COVID

 


NOVITÀ SULLA RICONTRATTAZIONE DEI CANONI COMMERCIALI CAUSA COVID

 

La legge di conversione (L. n. 106 del 23 luglio 2021) del cd. Decreto “Sostegni bis” (D.L. 73/2021) ha radicalmente modificato l’art. 6-novies del precedente D.L. n. 41/2021 (già a suo tempo convertito in L. n. 69/2021), introducendo dei criteri nella ricorrenza dei quali locatore e conduttore sono chiamati, a questo punto in forza di legge, a collaborare per rinegoziare il canone.

La nuova legge, premettendo che lo scopo prefisso è quello di tutelare simultaneamente le imprese e le controparti locatrici qualora il conduttore abbia subito una indicativa diminuzione del volume d’affari, del fatturato o dei corrispettivi per restrizioni sanitarie o per la crisi economica di taluni comparti e per la riduzione dei flussi turistici in conseguenza della crisi pandemica, prevede che nel caso in cui il conduttore, a partire dal primo lockdown e quindi dall’8 marzo 2020, non abbia avuto diritto di accedere ad alcuna delle misure di sostegno economico statali o non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto concordati con il locatore, le parti, locatore e conduttore, devono intendersi chiamate a “… collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021”.

La legge precisa che tali disposizioni si applicano solo ai conduttori esercenti attività economica che abbiano registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nel periodo compreso tra il 1 marzo 2020 e 30 giugno 2021 inferiore in misura di almeno il 50% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato dei corrispettivi del periodo compreso tra il 1 marzo 2019 e il 30 giugno 2020 e che abbiano subito la chiusura obbligatoria per almeno 200 giorni anche non consecutivi a partire dall’8 marzo 2020.

Come si vede, non sono stati introdotti, anche in caso di ricorrenza di tali presupposti, automatismi di riduzione e neppure sono state indicate delle percentuali predeterminate, ma sono stati inseriti dei parametri di riferimento del tutto nuovi che inevitabilmente non potranno essere trascurati sia nella gestione dei contratti in corso tra le parti, sia nell’ipotesi di loro contenzioso anche in sede giudiziale.

Questo provvedimento si innesta in un dibattito,  aperto sin dall’anno scorso, tra gli indirizzi dottrinali e giurisprudenziali che sostanzialmente prevedevano, per il conduttore commerciale, il diritto a riduzioni percentuali rilevanti per i canoni 2020 da marzo in poi ed anche per parte di quelli 2021 (riduzioni in qualche caso considerate applicabili anche d’imperio da parte del tribunale), in conseguenza di chiusure e cali di fatturati anche molto meno sensibili di quelli indicati dalla nuova norma di legge e quelli di carattere radicalmente contrario che negavano qualsivoglia diritto del genere al conduttore. Il principio ed i parametri introdotti con la nuova norma sembrano ridurre di molto la platea dei conduttori commerciali in condizione di ottenere forzosamente una riduzione del canone nei confronti del locatore.

 

Il testo della norma di legge:

DL 25/05/2021, n. 73

Art. 4-bis (inserito dalla legge di conversione 23 luglio 2021, n. 106)

Modifica dell’ articolo 6-novies del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69

1. L’ articolo 6-novies del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, è sostituito dal seguente: “Art. 6-novies (Percorso condiviso per la ricontrattazione delle locazioni commerciali). - 1. Le disposizioni del presente articolo sono volte a consentire un percorso regolato di condivisione dell’impatto economico derivante dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia subìto una significativa diminuzione del volume d’affari, del fatturato o dei corrispettivi, derivante dalle restrizioni sanitarie, nonché dalla crisi economica di taluni comparti e dalla riduzione dei flussi turistici legati alla crisi pandemica in atto. 2. Nei casi in cui il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 ovvero non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto di carattere economico e finanziario concordati con il locatore anche in funzione della crisi economica connessa alla pandemia stessa, il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021. 3. Le disposizioni del presente articolo si applicano esclusivamente ai locatari esercenti attività economica che abbiano registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021 inferiore almeno del 50 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo compreso tra il 1° marzo 2019 e il 30 giugno 2020 e la cui attività sia stata sottoposta a chiusura obbligatoria per almeno duecento giorni anche non consecutivi a partire dall’8 marzo 2020”.



Avv. Giuseppe Baravaglio





lunedì 26 luglio 2021

VENDITA SECONDA CASA NEI CINQUE ANNI: PLUSVALENZE

 



VENDITA SECONDA CASA NEI CINQUE ANNI: CALCOLO PLUSVALENZE


La vendita di un fabbricato nei cinque anni dal suo acquisto può generare un reddito da tassare quando l’immobile non è stato destinato ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la sua cessione.

La plusvalenza è determinata dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il prezzo di acquisto maggiorato di tutti i costi inerenti.

Ai fini del computo del quinquennio occorre fare riferimento alle date degli atti di trasferimento della proprietà o, se successivi, a quelle in cui si è prodotto l’effetto traslativo del diritto reale.

Il contribuente può assoggettare la plusvalenza ad imposizione ordinaria (IRPEF e addizionali) indicandola nella propria dichiarazione dei redditi oppure optare, nel rogito di trasferimento, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza stessa. In tal caso occorrerà fornire al notaio tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti nonché versare l’imposta dovuta a sue mani; questi provvederà al riversamento all’Erario.

Non sono invece oggetto di tassazione le plusvalenze derivanti dalla vendita di fabbricati ricevuti per successione. 

Come detto, la norma parla, con riferimento alle spese da contrapporre al prezzo di vendita, sia del prezzo di acquisto dell’immobile che di ogni altro costo inerente.

L’Agenzia delle Entrate non ha mai riportato un elenco di tali costi.

In base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16538 del 22.6.2018 “premesso che il prezzo di acquisto od il costo di costruzione deve essere incrementato dei soli costi inerenti al bene, (...) sono a tal fine rilevanti le spese incrementative. Per spese incrementative, in giurisprudenza, s'intendono "quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo". Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene".

Sulla base di tale principio, la Corte di Cassazione conclude affermando che "sono costi inerenti al bene, in quanto tali deducibili ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, solo quelli che attengono al costo di acquisto (spese notarili, di mediazione, imposte di registro, ipotecarie e catastali, cioè i costi inerenti al prezzo di acquisto (...) o che si risolvono in aumento di valore del bene, perdurante al momento in cui si verifica il presupposto impositivo (ad esempio, le spese sostenute per liberare l'immobile da oneri, servitù ed altri vincoli, oppure le spese che abbiano determinato un aumento della consistenza economica del bene). D'altro canto, non rientrano negli oneri deducibili le spese che attengono alla normale gestione del bene e che non ne abbiano determinato un aumento di valore, perdurante al momento in cui viene realizzata l'operazione imponibile. L'onere della prova della deducibilità del costo grava sul contribuente, che deve dimostrare, non solo di aver sostenuto le spese, ma anche la loro inerenza ed il carattere incrementativo del valore del bene".

In base alla risposta ad interpello n.204 del 24.3.2021 rientrano tra i costi inerenti:

  • gli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico e di efficientamento energetico relativi al condominio di cui l’unità immobiliare fa parte, deliberati dall’assemblea di condominio per la parte imputata al singolo condomino;
  • le spese sostenute per la sostituzione dei serramenti nel proprio appartamento, anche se le stesse sono state oggetto di “superbonus” ex art. 119 DL 34/2020.








mercoledì 14 luglio 2021

RIDUZIONE CANONE: CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO

 


IL CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO

PER LA RIDUZIONE DEL CANONE DI LOCAZIONE


L’art.9 quater del DL 137/2020 ha previsto un contributo a fronte della riduzione del canone di locazione degli immobili abitativi.

Il contributo, pari al 50% dell’importo complessivo delle rinegoziazioni in diminuzione dei canoni, è calcolato su un importo massimo di riduzione dei canoni pari ad euro 1.200,00.

Il contributo spetta a qualunque soggetto e quindi anche alle società.

 Per fruire del contributo è necessario che:

  • sussista alla data del 29.10.2020 un contratto di locazione di tipo abitativo avente a oggetto un immobile ubicato in un Comune ad alta tensione abitativa, individuato nell’elenco approvato dal CIPE con deliberazione n. 87/2003;
  • l'immobile concesso in locazione sia l’abitazione principale del conduttore;
  • la riduzione del canone riguardi tutto l'anno 2021 o per parte di esso;
  • l’accordo di rinegoziazione sia successivo al 24.12.2020 e sia comunicato, entro il 31.12.2021, all'Agenzia delle Entrate tramite il modello RLI o le altre procedure di registrazione.

Per poter fruire del contributo il locatore (o un intermediario appositamente delegato) deve presentare, entro il 6.9.2021, un’apposita istanza in base al modello approvato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 6.7.2021 n.180139.

La trasmissione avviene esclusivamente in modalità telematica attraverso il servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

L'istanza deve indicare:

  • il codice fiscale del locatore;
  • l'IBAN del conto corrente intestato al locatore richiedente;
  • i dati del contratto o dei contratti oggetto di rinegoziazione, la data di inizio e fine del nuovo canone rinegoziato, l'importo del canone annuo prima e dopo la rinegoziazione e l'indicazione della quota di possesso del locatore richiedente il contributo.

Come accennato il contributo che verrà accreditato sul conto corrente indicato nell’istanza è pari al 50% dell’ammontare complessivo delle rinegoziazioni in diminuzione e spetta per un importo massimo di 1.200 euro per ciascun locatore.

Dopo il 31 dicembre 2021, in base alle rinegoziazioni indicate nelle istanze e poi effettivamente accordate e debitamente comunicate, l’Agenzia procederà all’erogazione dei contributi spettanti.

Se le risorse stanziate dal governo per il pagamento del contributo risulteranno inferiori all’ammontare complessivo dei contributi spettanti in base alle istanze presentate, l’Agenzia delle entrate provvederà all’erogazione mediante riparto proporzionale, sulla base del rapporto tra l’ammontare dei fondi disponibili e l’ammontare complessivo dei contributi richiesti dai locatori.

L’Agenzia delle Entrate ha predisposto, per la corretta compilazione dell’istanza, una utile guida scaricabile cliccando QUI .


dott. Stefano Spina

Commercialista in Torino





lunedì 24 maggio 2021

REGISTRAZIONE DEI PRELIMINARI CON PLURALITA' DI VENDITORI

 


Registrazione dei preliminari con pluralità di venditori


Nel corso degli scorsi mesi alcuni uffici locali dell’Agenzia delle Entrate hanno adottato comportamenti difformi in sede di registrazione dei contratti preliminari di compravendita immobiliare.

Nello specifico, in presenza di due promittenti venditori, uno titolare della nuda proprietà e l’altro del diritto di usufrutto sull’immobile promesso in vendita, è stato richiesto il pagamento della doppia imposta fissa di registro in quanto atti distinti anche se collegati.

Tale comportamento scaturisce da una rigida interpretazione del primo comma dell’art. 21 del DPR 131/86 (Testo Unico dell’imposta di Registro) secondo cui “se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.”

In una recente risposta ad interpello, la Direzione Regionale del Piemonte, ha analizzato l’argomento anche al fine di fornire un indirizzo unanime alle varie sedi locali.

La premessa, come accennato, risiede nell’articolo 21 DPR 131/86 secondo cui:

  • ·   se un atto contiene più disposizioni che non derivino necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna disposizione è soggetta autonomamente ad imposta (negozi collegati);
  • ·    se un atto contiene più disposizioni che derivino necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse una sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa (negozi complessi).

In base alla giurisprudenza oramai costante della Corte di Cassazione (in ultimo 19.2.2015 n.3300) "le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle tra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria: occorre, cioè, che sussista tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volontà delle parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalità, connaturato, come necessario giuridicamente e concettualmente, alle convenzioni stesse".

La Direzione Regionale ritiene che il preliminare di compravendita con il quale i promittenti venditori si impegnano congiuntamente a vendere, ciascuno per il proprio diritto e con riferimento al medesimo immobile, la nuda proprietà e l’usufrutto ad un soggetto terzo che acquisterà la piena proprietà, rientri tra i negozi complessi e pertanto, trattandosi di una disposizione unica, sconti un’unica imposta di registro.




venerdì 14 maggio 2021

PLUSVALENZA DA CESSIONE: IL SUPERBONUS NON SI CONTA.

 


IL SUPERBONUS NON RILEVA AI FINI DELLA PLUSVALENZA DA CESSIONE

Il superbonus eventualmente fruito dal proprietario dell’immobile non rileva ai fini del conteggio della plusvalenza nel caso di una vendita infraquinquennale dell’immobile.

Questo interessante principio è stato espresso dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 204 del 24 marzo 2021.

Nello specifico un contribuente, che ha appena acquistato un immobile in un condominio eseguirà, congiuntamente agli altri condomini, una serie di lavori di efficientamento energetico riconducibili al “superbonus” di cui all’art. 119 DL 34/2020.

Tuttavia i lavori eseguiti sono stati pagati optando per lo sconto in fattura applicato dall’impresa edile ex art. 121 DL 34/2020 per cui di fatto tali importi non risultano effettivamente sostenuti dal proprietario.

Poiché l’immobile verrà venduto nei 5 anni dal suo acquisto e lo stesso non è stato adibito ad abitazione principale del cedente per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la vendita, scatta il presupposto per la tassazione della plusvalenza come “reddito diverso” e quindi l’opportunità di individuare di tutti i costi sostenuti da contrapporre al prezzo di vendita.

Infatti, in base all’art.68 co.1 TUIR la plusvalenza da tassare è costituita dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, tra i costi inerenti rientrato le spese per gli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico nonché quelli di effcIentamento energetico, oggetto di “superbonus”, in quanto incrementative del valore del bene.

A nulla rileva, al riguardo, il fatto che le stesse diano diritto ad una detrazione fiscale o che possano essere state pagate attraverso il meccanismo dello sconto in fattura in quanto modalità alternativa alla fruizione diretta della detrazione.

Pertanto tali spese concorreranno, insieme alle altre eventualmente sostenute, in misura piena alla riduzione dell’eventuale plusvalenza originata dalla cessione stessa.

Infatti, conclude l’Agenzia delle Entrate, una diversa interpretazione determinerebbe di fatto una tassazione della detrazione da “superbonus” attualmente non previsto dalla normativa.





OBBLIGO DI REGISTRAZIONE ANCHE PER IL PRELIMINARE TELEMATICO NON CONFORME

 


IL PRELIMINARE INFORMATICO

 ANCHE SE NON CONFORME DEVE ESSERE REGISTRATO

 

L’agenzia delle Entrate con risoluzione n. 23 del 8/4/2021 ha affrontato il tema della registrazione dei contratti preliminari redatti come documenti informatici.

I contratti, in base all’art. 44 del Cad, devono essere presentati per la registrazione in formati idonei a garantire la loro integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità nonché devono consentire agli uffici dell’Agenzia di acquisirli nel proprio Sistema di conservazione.

Secondo l’art. 20 comma 1 bis del Codice dell’Amministrazione Digitale “il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta ed ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del C.c. quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata ….”.

Il successivo comma 2 bis dispone che le scritture private di cui all’art. 1350 primo comma n. da 1 a 12 (tra le quali vi è anche la compravendita degli immobili) devono essere sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o digitale.

Siccome Il contratto preliminare deve essere redatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo, esso sarà nullo se non sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale.

Al riguardo un’agenzia immobiliare aveva predisposto un contratto preliminare di compravendita in forma di scrittura privata con firma elettronica avanzata (FEA) e, al momento della registrazione, le era stato contestato il formato non conforme in quanto l’estensione del file era “.pdf” e non “.p7m” e quindi risultava impossibile la verifica dei sottoscrittori tramite Infocert.

L’Agenzia delle Entrate, senza entrare nel merito della questione civilistica relativa alla validità degli atti sottoscritti tramite FEA, in quanto si tratta di una questione di ordine civilistico, afferma che il preliminare di compravendita deve essere in ogni caso registrato.

Infatti, l’eventuale nullità o annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di richiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta salva restituzione per la parte eccedente la misura fissa quando l’atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma.

L’eventuale invalidità dell’atto per vizio imputabile alle parti (quale deve intendersi la sottoscrizione con firme non idonee in base alla tipologia dell’atto stesso) impedisce la restituzione delle somme versate in sede di registrazione.





 




martedì 9 marzo 2021

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: PROROGA DELLA SOSPENSIONE DEI TERMINI



 AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

PROROGA DELLA SOSPENSIONE DEI TERMINI 

 

L’articolo 24 del DL 8.4.2020 n. 23 aveva sospeso, nel periodo compreso tra il 23.2.2020 ed il 31.12.2020, i termini per usufruire delle agevolazioni “prima casa.

Con l’art. 3 co. 11-quinquies del DL 183/2020 convertito nella L.26.2.2021 n.21 la sospensione viene differita di un ulteriore anno e quindi durerà dal 23.2.2020 al 31.12.2021.

I termini sospesi cominceranno o ricominceranno a decorrere dal 1.1.2022.

La sospensione riguarda:

  1. il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza nel Comune in cui si trova l’im­mobile acquistato;
  2. il termine di un anno (decorrente dall’acquisto agevolato) per l’alienazione della “vecchia” prima casa, nel caso in cui, al momento dell’acquisto, il contribuente fosse ancora titolare di diritti reali su una abitazione già acquistata con il beneficio;
  3. il termine di un anno per l’acquisto di un nuovo immobile da adibire ad abitazione principale, per evitare la decadenza dal beneficio goduto in relazione ad un altro immobile agevolato alienato prima di 5 anni dall’acquisto.

 In base all’’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate:

  • non risulta sospeso anche il termine di 5 anni entro il quale l’alienazione della prima casa determina la decadenza, in quanto, in tal caso, la sospensione non opererebbe “a favore” del contribuente (circ. 13.4.2020 n. 9, § 8.2.1);
  • non rientra tra i termini sospesi quello di 3 anni per l’ultimazione dell’edificio in caso di acquisto di un immobile in corso di costruzione (risposta a interpello 12.1.2021 n. 39);
  • la sospensione non riguarda i termini previsti dall’art. 15 co. 1 lett. b) del TUIR per l’accesso alla detrazione IRPEF del 19% degli interessi passivi sui mutui ipotecari per l’acquisto dell’abi­tazione principale, ma i divieti imposti dai DPCM emessi per il contenimento dell’emer­genza sanitaria possono aver in concreto configurato eventi di forza maggiore, idonei ad evitare la decadenza dalla detrazione (risposte a interpello 19.10.2020 n. 485 e 5.1.2021 n. 6).

La sospensione prevede che i termini sopra indicati siano “bloccati”, nel periodo dal 23.2.2020 al 31.12.2021, ma torneranno a scorrere, dal punto in cui sono stati sospesi, a partire dall’1.1.2022.

La sospensione riguarda:

  • sia i termini che fossero già in corso al 23.2.2020,
  • sia i termini che avrebbero cominciato a decorrere nel periodo interessato dalla sospensione, i quali cominceranno a decorrere per la prima volta dall’1.1.2022.

Pertanto

  • con riferimento ad un atto di acquisto avvenuto in data 23.1.2020, il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza aveva cominciato il suo decorso il 23.1.2020, ma risulta bloccato dal 23.2.2020 e ricomincerà a decorrere l’1.1.2022, e spirerà, pertanto il 31.5.2023 ovvero decorsi 17 mesi da tale momento;
  •  il soggetto che acquisti un immobile il 10.3.2021 richiedendo le agevolazioni prima casa pur essendo ancora titolare della “vecchia” prima casa, avrà tempo fino al 31.12.2022 per rivenderla, atteso che il termine di un anno comincerà a decorrere solo dall’1.1.2022.


giovedì 25 febbraio 2021

RIVALUTAZIONE DEI TERRENI: QUALE VALORE NELL’ATTO DI CESSIONE?


RIVALUTAZIONE DEI TERRENI:

QUALE VALORE NELL’ATTO DI CESSIONE?

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 1/E del 22/01/2021 , ha affermato che in sede di vendita di un terreno edificabile o con destinazione agricola è possibile indicare un corrispettivo inferiore al valore di rivalutazione, senza che ciò determini la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene.

La procedura di rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni (articoli 5 e 7 della Legge n. 448 del 2001 che ha introdotto il meccanismo delle rivalutazioni) è condizionata al versamento di un’imposta sostitutiva nella misura dell’11% del valore risultante da apposita perizia redatta da professionista abilitato, sia per le partecipazioni (qualificate o non qualificate) sia per i terreni.

Nel periodo d’imposta 2021 è prevista la possibilità di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle suddette partecipazioni e terreni detenuti alla data del 1° gennaio 2021, effettuando i relativi adempimenti entro il 30 giugno 2021.





lunedì 1 febbraio 2021

NULLITA’ DEGLI ATTI DI TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETA’ DEGLI IMMOBILI



 NULLITA’ DEGLI ATTI DI TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETA’ DEGLI IMMOBILI

L’art. 46 del Testo Unico dell’edilizia del 2001 dispone che gli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione, o lo scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire.

Sul tema si sono formati due orientamenti della giurisprudenza che si sono rivelati tra di loro contrastanti:

  • nel primo caso (“nullità formale”) la nullità in questione assume rilievo formale e dunque l’atto traslativo dell’immobile sarà nullo in caso di mancata indicazione degli estremi del titolo abilitativo a prescindere dalla conformità del progetto realizzato al titolo menzionato in atto;
  • nel secondo caso (“nullità sostanziale”) invece non sarebbe sufficiente per la validità dell’atto la semplice menzione nell’atto del titolo abilitativo dell’immobile, se nella realtà la situazione fosse irregolare e quindi non ci fosse conformità tra progetto realizzato e titolo relativo.

Sul tema sono state chiamate a esprimersi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019, hanno affermato che la nullità va ricondotta sotto il profilo dell’orientamento formale, e quindi deve essere volta a sanzionare la mancata inclusione degli estremi del titolo abilitativo nell’atto dispositivo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell’immobile.

Con questo principio la Corte ha voluto semplificare la disciplina della commerciabilità dell’immobile, poiché l’orientamento sostanzialista rappresentava, a suo dire, un ostacolo alla circolazione degli immobili e dunque alla compravendita, perché avrebbe costretto a pena di nullità ad accertare la regolarità urbanistica dell’immobile, ossia la conformità reale del titolo abilitativo indicato al costruito, al fine di garantire la commerciabilità e dunque la validità della vicenda traslativa.

Inoltre, secondo la Corte la tesi formale della nullità eviterebbe problemi interpretativi sul livello di difformità del costruito rispetto al progetto licenziato nel titolo abilitativo, evitando di andare ad accertare ogni volta se il grado di variazione della costruzione fosse essenziale o non essenziale rispetto al contenuto del titolo indicato.

In definitiva alla luce del principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite, un atto di trasferimento di un immobile è nullo solo se il venditore non menziona il titolo in forza del quale è stato costruito l’immobile o se il venditore dichiari che l’immobile è stato costruito in forza di un titolo abilitativo che poi si riveli inesistente o riferito ad un immobile diverso da quello venduto.

Nessuna rilevanza, ai fini della declaratoria di nullità dell’atto di trasferimento, avrà invece la conformità del bene realizzato a quanto contenuto nel titolo abilitativo, restando tuttavia valide ed operanti in tal caso, le altre azioni (risoluzione del contratto, risarcimento dei danni, riduzione del prezzo, ecc.) a tutela dei diritti della parte acquirente.




giovedì 21 gennaio 2021

SEZIONI UNITE CORTE DI CASSAZIONE: NO AGLI USI ESCLUSIVI DELLE PARTI COMUNI

 


SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE

NO AGLI USI ESCLUSIVI DELLE PARTI COMUNI

 

E’ di recentissima pubblicazione (17/12/2020) la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 28972, intervenuta a dirimere una questione su cui si dibatte da decenni, sul tema della legittimità o meno degli usi esclusivi su parti comuni condominiali, quali diritti reali trascrivibili, di carattere perpetuo e trasmissibili. L’intervento delle Sezioni Unite, stante la rilevanza del problema ed i rilevati contrasti giurisprudenziali e dottrinali, era stato sollecitato da una ordinanza della seconda sezione della Corte di Cassazione (n. 31420 del 2019), che aveva evidenziato la necessità di risolvere in modo radicale ogni questione relativa alla legittimità ed alla natura del diritto di uso esclusivo su parti comuni condominiali.

 Si tratta, per meglio intenderci, della prassi, soprattutto notarile, diffusa da decenni, di caratterizzare il cosiddetto “uso esclusivo” di parti condominiali quale diritto perpetuo e trasmissibile, di contenuto pertanto reale e non strettamente personale, conseguentemente collegando la facoltà di usare una parte condominiale individuata a favore non di un soggetto, bensì della porzione di proprietà individuale, con rapporto pertinenziale, senza limiti temporali.

 La decisione assunta, di estrema rilevanza alla luce della ampia diffusione e frequenza di tali attribuzioni di parti condominiali in uso esclusivo a favore di proprietà singole, ne ha negato il carattere di diritto reale e sostanzialmente la validità, esprimendo il seguente principio di diritto:

"La pattuizione avente ad oggetto la creazione del c.d. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi".

 È ovvio che tale decisione ha un effetto quasi deflagrante nel diritto condominiale e immobiliare in generale, creandosi nell’immediato comprensibili e grandi problemi non solo per la definizione dei diritti nelle nuove costruzioni, ma anche e soprattutto per la commercializzazione di unità immobiliari esistenti e facenti parte di condominio, alle quali sia stato attribuito nell’atto di provenienza il diritto esclusivo di uso di una o più parti condominiali.

 La motivazione di detta sentenza è molto articolata e diffusa, in questa sede si ritiene opportuno riportarne solo in estrema sintesi alcuni tratti salienti.

 Sostanzialmente, per le Sezioni Unite della Corte:

             il c.d. “diritto reale di uso esclusivo” di parti condominiali è incompatibile con la norma dell’art. 1102 c.c. costituendo, per quanto riguarda gli altri condomini, nella sostanza un illegittimo divieto generalizzato di utilizzare una porzione della loro proprietà comune, svilendo il loro diritto;

             il diritto di uso esclusivo neppure può essere inquadrato tra le servitù, per motivi simili, in quanto un diritto di godere in modo generale e totale del fondo servente (la parte condominiale attribuita in uso esclusivo) a favore del fondo dominante (la parte di proprietà esclusiva a cui detto diritto sia attribuito) determinerebbe lo svuotamento della proprietà nel suo nucleo fondamentale; in altre parole, la decisione esprime il concetto che la costituzione di una servitù ben possa comportare una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente per il suo proprietario (in questo caso comproprietario - condomino), ma mai una sua “totale elisione delle facoltà di godimento”.

             sul tema della trascrizione, viene posto in evidenza come l’art. 2643 c.c. contenga una elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione e che non rientri nell’autonomia delle parti private di costituire diritti reali al di fuori di quelli tassativamente previsti dalla legge;

             le “obbligazioni propter rem” e gli oneri reali sono caratterizzati dal requisito della tipicità e possono quindi sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge.

 Le Sezioni Unite pervengono quindi, sulla base di tali considerazioni, a pronunciare il richiamato principio di diritto, annotando che resta riservata al legislatore la facoltà (che, n.d.r., potrebbe essere auspicabile nella situazione attuale, al fine di risolvere le problematiche e scongiurare l’insorgere di ampi e numerosi contenziosi negli ambiti condominiali e di commercializzazione degli immobili) di “dar vita a nuove figure che arricchiscano i tipi reali normativi”; in altre parole, che solo per legge e non per l’autonomia privata può essere introdotto un nuovo diritto reale.

 Per quanto riguarda l’esistente, l’indirizzo delle Sezioni Unite è di procedersi ad esaminare caso per caso e verificare se, nel concreto e in realtà, al momento della costituzione del condominio e del diritto in contestazione, veramente si sia inteso attribuire al condomino/acquirente solo l’uso esclusivo della porzione e non invece la proprietà della porzione (con tutti i conseguenti problemi, non ultimo il frazionamento catastale delle parti comuni, oltre che ovviamente il regolamento e la formalizzazione dei rapporti con gli altri condomini), ovvero se si sia inteso, al contrario, costituire un diritto reale d’uso di cui all’art. 1021 c.c., che però, per legge, non si può né cedere né dare in locazione ed ha una durata massima che (come l’usufrutto) non può eccedere quella della vita del titolare.

Avv. Giuseppe Baravaglio

Avvocato in Torino