lunedì 26 luglio 2021

VENDITA SECONDA CASA NEI CINQUE ANNI: PLUSVALENZE

 



VENDITA SECONDA CASA NEI CINQUE ANNI: CALCOLO PLUSVALENZE


La vendita di un fabbricato nei cinque anni dal suo acquisto può generare un reddito da tassare quando l’immobile non è stato destinato ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la sua cessione.

La plusvalenza è determinata dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il prezzo di acquisto maggiorato di tutti i costi inerenti.

Ai fini del computo del quinquennio occorre fare riferimento alle date degli atti di trasferimento della proprietà o, se successivi, a quelle in cui si è prodotto l’effetto traslativo del diritto reale.

Il contribuente può assoggettare la plusvalenza ad imposizione ordinaria (IRPEF e addizionali) indicandola nella propria dichiarazione dei redditi oppure optare, nel rogito di trasferimento, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza stessa. In tal caso occorrerà fornire al notaio tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti nonché versare l’imposta dovuta a sue mani; questi provvederà al riversamento all’Erario.

Non sono invece oggetto di tassazione le plusvalenze derivanti dalla vendita di fabbricati ricevuti per successione. 

Come detto, la norma parla, con riferimento alle spese da contrapporre al prezzo di vendita, sia del prezzo di acquisto dell’immobile che di ogni altro costo inerente.

L’Agenzia delle Entrate non ha mai riportato un elenco di tali costi.

In base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16538 del 22.6.2018 “premesso che il prezzo di acquisto od il costo di costruzione deve essere incrementato dei soli costi inerenti al bene, (...) sono a tal fine rilevanti le spese incrementative. Per spese incrementative, in giurisprudenza, s'intendono "quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo". Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all'immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene".

Sulla base di tale principio, la Corte di Cassazione conclude affermando che "sono costi inerenti al bene, in quanto tali deducibili ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, solo quelli che attengono al costo di acquisto (spese notarili, di mediazione, imposte di registro, ipotecarie e catastali, cioè i costi inerenti al prezzo di acquisto (...) o che si risolvono in aumento di valore del bene, perdurante al momento in cui si verifica il presupposto impositivo (ad esempio, le spese sostenute per liberare l'immobile da oneri, servitù ed altri vincoli, oppure le spese che abbiano determinato un aumento della consistenza economica del bene). D'altro canto, non rientrano negli oneri deducibili le spese che attengono alla normale gestione del bene e che non ne abbiano determinato un aumento di valore, perdurante al momento in cui viene realizzata l'operazione imponibile. L'onere della prova della deducibilità del costo grava sul contribuente, che deve dimostrare, non solo di aver sostenuto le spese, ma anche la loro inerenza ed il carattere incrementativo del valore del bene".

In base alla risposta ad interpello n.204 del 24.3.2021 rientrano tra i costi inerenti:

  • gli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico e di efficientamento energetico relativi al condominio di cui l’unità immobiliare fa parte, deliberati dall’assemblea di condominio per la parte imputata al singolo condomino;
  • le spese sostenute per la sostituzione dei serramenti nel proprio appartamento, anche se le stesse sono state oggetto di “superbonus” ex art. 119 DL 34/2020.








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